17 giugno 2007

Trovarsi un altro mestiere?

Prima o poi, chiunque faccia il copywriter pensa di cambiare lavoro. Non solo perchè viene pagato una miseria rispetto a un aiuto commesso di un minimarket di periferia, ha scarse prospettive di carriera e ampie di venir cacciato, è costretto a passare tutto il giorno e talvolta anche la sera e i weekend in un ambiente in cui disprezzare il ruolo dell'altro è la regola (ad esempio, uno dei più grandi misteri irrisolti dell'adv è a che cazzo servano i planner, a parte decorare la sala riunioni se sono belle puledre) però bisogna sempre fingere il massimo affiatamento, la sua scrivania - quando ce l'ha - è la più piccola e scomoda dell'ufficio più piccolo e scomodo dell'agenzia, ma soprattutto per un motivo squisitamente esistenziale: che senso ha passare la vita a scrivere stronzate per far vendere prodotti di merda?

Il suo secondo pensiero, a questo punto, sarà quello di cercare di guadagnarsi da vivere in campi dove la scrittura è più nobilitata. Si troverà però di fronte ad un ostacolo insormontabile, e cioè che per fare il romanziere, il giornalista o lo sceneggiatore bisogna scrivere almeno 10 se non 100 volte di più di un copy, che avendo già seri problemi a completare una brochure a due ante con cinque righe di testo per anta, lascerà perdere ancor prima di iniziare. Stesso discorso per quanto riguarda l'editor: la mole di scrittura è più limitata, però bisogna leggersi interi libri per poterne ricavare i riassuntini e le biografie per il risvolto o la quarta di copertina, cosa che di fatto lo rende un altro lavoro fuori dalla sua portata.

Rimangono solamente il poeta o il graffittaro, ma nessuno riesce a campare con queste attività. Ecco che dunque si prospetta l'alternativa di trovarsi un vero lavoro al di fuori del campo della scrittura, dove vengono di norma richieste competenze precise, impegno costante e risultati tangibili. Concetti che bastano a portare la mente di un copywriter sull'orlo della follia, e a tenersi il suo misero impiego a denti stretti.

Ecco spiegato perchè molti cambiano lavoro per diventare copy, ma nessun copy cambia lavoro per diventare qualcun altro.

3 commenti:

Pier Mario Vello ha detto...

Caro collega,
dovresti postare un messaggio sull'arte del cazzeggio. Su come siamo fortunati a vivere nell'era di Internet, che ci permette di sviluppare nuovi modi per occupare il tempo che in agenzia dobbiamo occupare. (prima come cazzo facevano?)
Insomma, giorni fa, la direzione mi ha sgamato che cazzeggio troppo.
Urgono consigli su cosa fare e come fare per evitare simili sciagure.
Grazie per il prezioso aiuto che, sono certo, saprai darmi.

Anonimo ha detto...

Si, ma hai scordato di dire che il bello del mestiere è quando ti danno da scrivere cose su acceleratori web based di psicoparticelle di cui ignoravi placidamente l'esistenza, e devi scriverlo in mezz'ora e infarcire lo scritto di suadenti anglismi cialtroni.
E sono in stage, sigh!

Anonimo ha detto...

Anche io sono in stage...dopo aver scritto testi per una brochure di un fantastico pannello isolante dalle molteplici applicazioni - il miliardesimo prodotto innovativo - ...ho pensato bene di passare le prox ore a cazzeggiare, il vero scopo di un copy!
Ma siamo sicuri che questo sia un lavoro(?) che ci permetta di campare?