
Un momento particolare nella vita di un pubblicitario è quando devi cambiare agenzia. Ciò si verifica nei seguenti casi: 1) per distrazione, hai commesso l'errore di addossare una tua cazzata a un creativo che è già stato licenziato, in maternità, in galera o morto suicida da mesi, facendoti clamorosamente scoprire; 2) hai osato non ridere alla trentesima battuta idiota quotidiana del dc esecutivo; 3) la tua agenzia è talmente in bancarotta che subaffitta i propri locali ai congressi dell'Udeur e, già che c'è, chiede ai partecipanti idee e layout per le gare senza rimborso.
Ecco quindi le operazioni che vengono messe in atto per trovare un nuovo posto:
1) aggiorni il portfolio sostituendo le campagne copiate dalle annate 1991/92 di Archive con quelle più innovative, per l'Italia, pubblicate sui numeri usciti nel 1998/99.
2) supplichi in ginocchio qualsiasi dc e creativo più senior di te di darti uno straccio di raccomandazione, arrivando a millantare di avere sul groppone un padre paralitico, una madre leucemica, un fratello tossico e quattro nonni chiusi nel polmone d'acciaio.
3) scrivi/telefoni/aggiungi come amico su facebook tutti i dc che trovi, cercando senza ritegno la loro protezione con affermazioni agghiaccianti tipo: "Secondo me il tuo ultimo film dovrebbe vincere il Grand Prix a Cannes, altro che quelle minchiate della Fallon."
4) nel caso nessuna delle tre funzioni, cerchi lavoro in un campo limitrofo e nel giro di breve tempo diventi un fotografo di grido, un pittore quotato, un regista di successo, un affermato giornalista o un romanziere pluripremiato.
Ma, grazie all'efficacia del sistema di spintarelle, pochissimi arrivano a valutare la quarta ipotesi. E questo spiega perché la fotografia, l'arte, il cinema, il giornalismo e la letteratura in Italia facciano cagare.
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